Il termine naturale dell’allattamento

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Qual è il termine naturale dell’allattamento? Sicuramente non è una data prestabilita, una scadenza decisa a tavolino.

Il termine naturale dell’allattamento è, semplicemente, quando l’allattamento ha esaurito tutte le sue funzioni e viene sostituito da altri comportamenti e altre modalità di relazione. Per stabilire quando si raggiunge questo termine naturale si possono seguire due strade.

La prima, la mia preferita, fidarsi delle sensazioni della madre e del bambino. Ma spesso questa ipotesi incontra molto scetticismo, che tradisce una visione del bambino come incompetente e della mamma come femmina in preda a emozioni primordiali. Infatti per alcuni, il bambino, se fosse per lui, non smetterebbe mai. Invece io incontro bambini molto competenti, che lavorano tutti i giorni con impegno per crescere e che, se sostenuti e non ostacolati, ogni giorno acquisiscono nuove autonomie, lasciandosi dietro le abitudini da piccolini che sembravano irrinunciabili fino al giorno prima. Arriva anche il momento in cui questi bambini sono pronti per smettere di allattare, e può avvenire senza traumi e senza pianti. Talvolta è una decisione consapevole, talvolta è la nuova gravidanza della mamma a portarli a smettere, talvolta l’allattamento rimane legato a momenti particolari, come i risvegli notturni, e semplicemente quando queste occasioni smettono di presentarsi anche l’allattamento finisce.

Ovviamente l’allattamento è un percorso (almeno) a due, e anche la mamma fa la sua parte per leggere i segnali che sta volgendo al termine. Ma anche sul ruolo attivo e consapevole della mamma in questo passaggio c’è una diffusa sfiducia, che nasconde l’idea che sull’allattamento la mamma non possa ragionare, si faccia prendere dagli ormoni e non riesca a rendersi conto che è un percorso che è destinato a concludersi nei primi anni di vita di suo figlio. Vi assicuro che ogni mamma lo sa, e come affronta tanti momenti difficili e emozionanti della crescita dei suoi figli saprà affrontare anche questo senza perdere la testa. Sì, anche se la coinvolge fisicamente in modo così intimo: non siamo schiave del nostro corpo. Quindi fidatevi del vissuto di una mamma e del suo bambino, sanno loro quando è il momento di smettere.

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Ma se non vi fidate delle competenze di mamma e bambino, ci sono anche degli aspetti oggettivi e concreti da tenere in considerazione per farsi un’idea di quando potrebbe essere questo termine naturale: l’allattamento ha diverse funzioni, e se si considerano una a una sono tutte importanti almeno fino al secondo anno di vita del bambino.

Dal punto di vista nutrizionale ad un certo punto l’allattamento non basta, ma i suoi benefici non diminuiscono dopo l’anno: qualsiasi altro cibo non può essere comparato al latte materno, che è specie specifico. Infatti la composizione del latte materno continua a cambiare anche dopo l’anno per seguire i bisogni di un bambino in crescita, diventando più nutriente. Le raccomandazioni ufficiali (OMS, UE, Ministero della Salute italiano) infatti consigliano di continuare l’allattamento “fino ai due anni, e oltre“.

Il latte materno inoltre continua a fornire una riserva di anticorpi, tanto più utile quando il bambino gattona, cammina dentro e fuori casa, comincia a frequentare posti nuovi e a rapportarsi con altri adulti e bambini sempre più da vicino. Dopo l’anno la concentrazione di anticorpi nel latte aumenta, appositamente per dare la stessa protezione a un bambino che comincia a prendere minori quantità di latte. Il nostro latte è fatto apposta per nutrire i bambini anche dopo l’anno, e non per caso.

Allattare inoltre è una componente importante della relazione mamma bambino e ha molte ricadute positive, soprattutto nella capacità di empatia della mamma (leggi ossitocina). Nel momento delicato dei due anni, quando la personalità del nostro bimbo si fa sempre più presente, ma la sua capacità di esprimere e gestire le emozioni è ancora immatura, un età in cui è difficile capirli, e iniziano i conflitti che mettono cosi in crisi tanti genitori, l’allattamento è un modo in più  per continuare ad accogliere e sostenere i nostri bimbi, stargli vicino quando le parole ancora non bastano per comunicare.

L’allattamento è legato anche al sonno, e non per le presunte cattive abitudini delle mamme che viziano i figli. Il fatto che allattare induca il sonno, sia per la mamma che per il bambino, non è un effetto collaterale indesiderato, ma è un aiuto essenziale per sostenere entrambi dato che fino ai 3 anni i risvegli nei bambini sono fisiologici, e allattare è uno dei modi più efficaci per superare indenni (o quasi) questa fase.

Di fondo è uno solo il principio che conta: finché i nostri bambini ne hanno bisogno e ce lo chiedono, perché negarglielo?

Anche qui so qual è l’obiezione degli scettici: si dà una responsabilità troppo grande ai bambini se si aspetta che siano loro a far capire che è il momento. Ma anche questa obiezione nasconde una concezione negativa ben precisa: l’idea che il termine dell’allattamento sia un momento traumatico, un lutto che mamma e bambino non possono gestire, un passaggio doloroso che è meglio anticipare per non renderlo più penoso ancora.

Io, invece, allatto mio figlio di quasi due anni e continuerò a farlo finché lui ne avrà bisogno (me lo chiederà), perché credo fermamente che il momento in cui smetterà sarà bello, sarà un’emozione per entrambi, un traguardo raggiunto insieme e non mi fa paura.

Ecco come riconoscere il termine naturale dell’allattamento: è quando si smette senza imposizioni e senza traumi, per nessuno dei due.

Una risposta »

  1. Pingback: Crescere nel bosco | timoilbruco

  2. Bell’articolo complimenti!
    Volevo farti una domanda: ma se invece la mamma nn ce la fa più? Ti dico così perché io sono arrivata a 22 mesi di allattamento e ora sono un po’ insofferente. …x lui nn è ancora il momento ma io faccio molta fatica . grazie

  3. Grazie mille!
    Per la tuo domanda ti posso rispondere in base alla mia esperienza di mamma e educatrice: prima di tutto certamente la mamma ha anche il diritto di essere stanca e non c’è niente di male in questo. Però mi chiederei perchè questa insofferenza: è il numero delle poppate (ancora molto frequenti), la durata, i momenti in cui capita (magari ancora imprevedibili, anche nel bel mezzo dei vari impegni quotidiani).
    O è perchè sotto sotto non sei convinta che gli serva, o ti senti giudicata o non hai nessuno in famiglia o tra le amiche che ti appoggia?
    A seconda del vero motivo puoi trovare una soluzione diversa e magari un compromesso tra i tuoi bisogni e i suoi, ma devi aver chiaro perchè non sei più serena nella tua relazione di allattamento con tuo figlio.
    Spero che queste riflessioni ti siano di aiuto!

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