Il genitore pigro

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Il genitore pigro sta seduto (mollemente, e preferibilmente per terra) e non insegue il proprio bimbo dappertutto. Lo incoraggia da lontano, ma non interviene se non quando è richiesto dal bimbo stesso.

Il genitore pigro non spiega al proprio figlio come si fa a giocare con il trattore di legno, e non gli raddrizza il libro che tiene tra le mani. Si muove il meno possibile, e parla ancora meno: non commenta ad alta voce ogni mossa del pargolo. Il suo bimbo è impegnato con i giochi e i bambini e gli adulti nella stanza, e il genitore pigro si fa da parte.

Il genitore pigro insomma è un po’ come il topino Federico: osserva e raccoglie parole, colori e gesti e solo nel momento del bisogno li restituisce al suo bimbo.

Sembra che non faccia niente, e invece…

Gli altri genitori di certo non ne approvano il comportamento e pensano con commiserazione e un po’ di spavento: ” Ma questo povero bimbo crescerà selvaggio!”.

Selvaggio, come il giardino dall’erba non tagliata e la siepe più alta di 150 cm.

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Ma il genitore pigro è un po’ come il giardiniere pigro, è fiducioso che il bambino/la pianta sappiano di cosa hanno bisogno per crescere bene e possano procurarselo nell’ambiente in cui si trovano, se li disturbiamo il meno possibile. Il pericolo più grande e intervenire troppo e intervenire male, rompendo quell’equilibrio naturale che permette un’evoluzione armoniosa e non violenta di ogni essere vivente.

La Montessori scriveva:

“Chi crea è il bambino, certamente non siamo noi. Quest’idea deve essere chiara, ma non è facile che lo sia nelle menti comuni, perché viviamo nel pregiudizio di essere noi, adulti, i creatori della nuova vita. Occorre dunque un lavoro di depurazione, dobbiamo liberarci dal pregiudizio di questa nostra inopportuna e diabolica illusione di onnipotenza. […] Il concetto fondamentale dell’educazione è di non divenire un ostacolo allo sviluppo del bambino. Fondamentale e difficile non è il sapere che cosa dobbiamo fare, ma il comprendere di quale presunzione, di quali stolti pregiudizi dobbiamo spogliarci per renderci atti all’educazione del bambino.”

(da “Il bambino in famiglia”, 2000, Garzanti, pp.44-50)

Lo stesso sentimento di onnipotenza che sta alla base dell’agricoltura industriale, per cui non si riconosce al mondo vegetale e animale le straordinarie capacità di crescere, evolversi, adattarsi, collaborare… ma si trattano come meri oggetti. Fukuoka parla del suo percorso verso l’agricoltura del non fare:

“Alla fine arrivai alla conclusione che non c’era alcun bisogno di arare, alcun bisogno di dare fertilizzanti, alcun bisogno di fare il composto, alcun bisogno di fare insetticidi. A ben guardare sono ben poche le pratiche agricole veramente necessarie. […] Quanto più gli alberi vengono allontanati dalla loro forma naturale, la potatura e lo sterminio degli insetti diventano necessari; quanto più la società umana si separa da una vita vicina alla natura, la scolarizzazione diventa necessaria.”

(da “La rivoluzione del filo di paglia”, 1980, Quaderni d’Ontignano, pp.43-44)

Il genitore pigro è sdraiato sul prato e il suo bimbo si allontana,  gioca nell’erba alta, raccoglie i soffioni e si nasconde nei cespugli. Il suo impegno è nell’osservare, capire, ascoltare e seguire, sostenere quando serve, intervenire solo quando inevitabile. Come per far crescere un piccolo albero.

Una risposta »

  1. Mi piace tantissimo questo tuo paragone fra l’agricoltura industriale e l’educazione data dalla maggior parte delle famiglie… la trovo molto azzeccata… personalmente nell’orto e nel giardino sono un po’ come te… lascio quello che vien su limitando al minimo gli interventi. Avevo visto anche il video di Fukuoka. Con le bimbe ci provo… si fa un po’ più fatica, molti sono i condizionamenti esterni… spero di essere sulla buona strada…
    Grazie di questo articolo
    PS: seguo sempre con piacere i cambiamenti del tuo prato! Da noi sono nati i fiorellini del lino… che meraviglia!

    • Grazie, sono contenta che abbia senso il paragone, non è molto scontato.
      Ognuno poi trova il suo equilibrio, i condizionamenti ci sono eccome, però talvolta sono positivi, no? Raccogliamo quelli e lasciamo perdere gli altri… Il giardiniere/genitore pigro è anche questo: sapere scegliere le proprie battaglie!
      Comunque leggere del tuo orto è molto affascinante, io ancora ci devo arrivare ad avere un orto così, penso che Fukuoka ne sarebbe molto orgoglioso!

  2. OoH. Ho scoperto questo tuo post (e con lui il blog) proprio grazie a Daria che l’ha condiviso.
    Trovo incantevole il modo in cui descrivi il genitore pigro, un raccoglitore di bellezza, proprio come Federico .. complimenti per l’intuizione, è veramente azzeccatissima e mi riconosco in pieno.
    Si riconosce anche il prato intorno a casa mia, dentro cui si perdono oggetti e piantine seminate … ma talvolta si ritrova anche un baccello di pisello come un piccolo tesoro!
    Montessori e Fukuoka sono un’accoppiata perfetta 😉
    Proprio bello, grazie 🙂

    • Grazie mille di essermi passata a trovare! Ci sono tante intuizioni e esperienze dentro questo post, che si accavallano, si sommano, si illuminano a vicenda… mi fa piacere che anche altri ci si ritrovino!

  3. Capito qui, grazie a un link di Elisabetta NeuroPepe. che bello! condivido quello che dici. Anche noi, stiamo provando a lasciare che i bambini crescano nella loro terra, liberamente. Senza vasi, senza sostegni superflui, senza concime…. Non sempre siamo all’altezza delle nostre convinzioni… ma è una viaggio bellissimo. Un viaggio da homeschoolers.

    • Bello sapere di altri bimbi che razzolano… In effetti il post è nato al ritorno da un’attività con genitori e bimbi al nido, in cui io mi sono un po’ annoiata perché il mio bimbo era occupato con tutte le cose belle da fare che c’erano e le altre mamme erano occupate a seguire passo passo i loro bimbi: il confronto con gli altri però è bello quando ti fa capire meglio tu dove stai, tra contraddizioni e difficoltà che sempre ci sono. Buon viaggio e a rincontrarci presto!

  4. Ciao, mi piace l’immagine e quanto scrivi, ma perchè pigro? Un genitore che fa ciò che descrivi secondo me non è pigro… è pigro se non intervenisse neppure su sollecitazione del figlio. Un certo “non fare” secondo me non è pigrizia… è un modi di educare.
    O forse ho inteso male?

    • Ciao! Hai assolutamente ragione, “pigro” è un termine ambiguo. Lo uso lo stesso (in attesa magari di trovarne uno migliore) per 2 motivi. Primo, “Il giardiniere pigro” di Mike Gilliam è quasi un classico, ormai l’espressione è entrata in uso e quindi chi è vicino al mio percorso tra i giardini naturali di solito sa già cosa intendo. Secondo, lo uso anche in modo un po’ provocatorio, per rivendicare uno stile educativo che da fuori può essere compreso male.
      Inoltre l’impegno credo sia lo stesso di qualsiasi altro genitore, però è vero che quando lavori con e non contro la fatica è meno, in questo senso il genitore “pigro” si risparmia del lavoro inutile. Grazie mille della visita e del commento!

      • Il comportamento del genitore che è descritto come “pigro” non mi pare in realtà pigro, mi pare invece molto attivo perchè sta in ascolto ed in osservazione dei figli ed asseconda le loro inclinazioni e il loro naturale desiderio di sperimentarsi. Ci vuole più energia e testa a fare questo che ad essere normativi e petulanti, atteggiamento che spesso è quasi automatico. Direi che è amorevole, intelligente, sereno, sano.

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  6. il genitore pigro ha lasciato soavemente che il suo soave bimbo (libero di crescere senza subire l’esercizio del potere) tirasse una pietra in testa ad un coetaneo, dopo aver provato svariati sassolini di diverse dimensioni … tutto molto bucolico. … tranne la testa sanguinante del malcapitato che ha, invece, imparato a sue spese cosa significa “il potere di tirare sassi in testa agli altri”, l’indifferenza altrui verso comportamenti aggressivi e la stupidità degli adulti incapaci di leggere un potenziale pericolo nel comportamento reiterato di un infante … Doppiamente istruttiva questa “pigrizia” eh!

    • “Immaginate un bimbo di 5 anni che raccoglie un grosso sasso con l’intenzione di lanciarlo. Un’insegnante gli dice, distratta: “Dammi quel sasso” e quindi gli mostra cosa potrebbe capitare se colpisse alla testa un compagno. A quel punto la maestra ridà la pietra a l bimbo e gli dice “Fa attenzione”. Dopo aver raccontato questo aneddoto in una scuola giapponese, Catherine Lewis, pedagogista esperta della prima infanzia, sottolinea come l’avesse colpita il fato che l’insegnante non avesse chiesto al bambino di riporre la pietra, né supposto la sua intenzione di scagliarla. Al contrario la maestra aveva supposto si trattasse solo di un problema di informazione – che il ragazzino non avesse pensato bene come il saso potesse colpire i compagni. L’atteggiamento dell’insegnante presupponeva una capacità di autocontrollo del bambino: dopotutto la maestra gliel’ha resa, la pietra. Per contro se avesse ritirato il sasso o inflitto una punizione , il ragazzino avrebbe potuto dedurne la propria inaffidabilità o incapacità di autocontrollo, riconoscendo nella punizione, e non nel pericolo di ferire i compagni, il motivo per non lanciare sassi.”
      Da “Amarli senza se e senza ma. Dalla logica dei premi e delle punizioni a quella dell’amore e della ragione” di Alfie Kohn.

      PS. Non so dove cogli l’indifferenza o il reiterato comportamento pericoloso nello scenario che descrivo, io parlo di un bambino normale, che gioca in un ambiente moderatamente sicuro.

  7. Peccato che “educare” significhi “ex ducere”, ovvero “tirar fuori” (sottointeso il meglio del proprio bimbo). E non certo sedersi e aspettare che “l’alberello cresca”…

    • In realtà in una frase ti sbarazzi di un dibattito che in campo educativo è ancora vivo e non risolto. Innanzitutto l’etimologia da ex-ducere (condurre fuori), presuppone che ci sia qualcosa da portare fuori, se neanche ci fermiamo a capire quali sono bisogni, capacità, interessi dei bimbi più che tirar fuori “mettiamo dentro” quello che consideriamo noi il meglio. E poi l’etimologia delle parole ci racconta del percorso storico/culturale di un concetto, non è che ci dice la verità assoluta su qual’è il modo migliore di intenderlo. Le parole cambiano significato, crescono anche loro come i notri bimbi e dal tempo degli Antichi Romani ne è passato di tempo…

      • Anni fa, il mio professore di diritto romano nella prima lezione del suo corso disse “perchè studiamo, oggi, il diritto romano? In fondo sono passati ben 2000 anni… Lo studiamo perchè la storia non è “dietro” di noi, ma “dentro di noi”.
        Ecco perchè l’etimologia di una parola ne trasmette il concetto più intimo, profondo e fondamentale, al di la di ogni sua possibile interpretazione.

        Nell’educare mio figlio cerco di tenere sempre impresso nella mente questo paragrafo di Gibram, che trovai appeso nella sala parto quando nacque Tommaso, tre anni fa.

        “I vostri figli non sono i vostri figli.
        Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé.
        Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro,
        E benché stiano con voi, non vi appartengono.
        Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,
        Perché essi hanno i propri pensieri.
        Potete alloggiare i loro corpi ma non le loro anime,
        Perché le loro anime abitano nella casa del domani, che voi non potete visitare, neppure in sogno.
        Potete sforzarvi d’essere simili a loro, ma non cercate di renderli simili a voi.
        Perché la vita non procede a ritroso e non perde tempo con ieri.
        Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.
        L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito,
        e con la Sua forza vi tende affinché le Sue frecce vadano rapide e lontane.
        Fatevi tendere con gioia dalla mano dell’Arciere;
        Perché se Egli ama la freccia che vola, ama ugualmente l’arco che sta saldo.”

        Leggiti le ultime righe, quando descrive l’importanza dell’Arciere nel percorso della freccia, e dimmi se un “Genitore Pigro” può albergare in questa metafora.

      • Hai ragione sull’importanza dell’etimologia, dicendo che parla del percorso storico/culturale non era mi intenzione sminuirne l’importanza, ma il percorso etimologico della maggio parte delle parole è lungo e tortuoso, di cui tra l’atro non sempre si sa l’origine prima. Offre spunti interessanti ma non credo possa essere risolutivo. Anche perché comunque c’è comunque un lavoro di interpretazione e traduzione che non è indifferente.

        Sull’arco non lo so, tu cosa dici?
        Io credo che sia un punto di riferimento più stabile un genitore che non interviene troppo e magari a sproposito (senza essersi veramente interrogato sui bisogni del proprio figlio), ma chi è sempre a disposizione con un atteggiamento accogliente e aperto. Questo intendo con genitore pigro.

  8. Bellissime parole, complimenti! mi ci ritrovo moltissimo e sono felice di vedere che esistono altre mamme come me! La cui scelta, assolutamente ragionata, di non stare perennemente alle calcagna dei propri bimbi viene purtroppo spesso scambiata per menefreghismo…

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  10. Come vorrei essere un genitore pigro! In realtà uno dei miei due piccoletti (l’altra lo fa solo a metà e più per imitazione del fratello) non fa altro che chiedere feedback! Io cerco di renderlo quanto più libero e’ possibile, ma a lui piace (PIACE e davvero!) imparare: ho capito che è una sua forma di gioco! All’altro estremo vedo genitori che, in mezzo ad altri genitori, a piccole richieste dei propri bambini rimandano agli altri:” vuoi un po’ d’acqua? Si, chiedila al papà di x che è li vicino(e io sto mandando un sms!).

  11. Molto molto bello questo pezzo, e credo anche veritiero e saggio. Trovo un parallelismo con un altro ambito della vita: la gravidanza e in particolare il parto. Del resto il ginecologo francese Michel Oden ha scritto un libro in cui compara l’agricoltura industriale e il parto medicalizzato. Lisa

  12. E non sapete che fatica essere un insegnante pigro… a distanza di 10 anni da quando ho cominciato a insegnare musica ai piccoli, guardando il collega che ha iniziato da poco, mi rendo conto di quanto sia stato difficile, per me, imparare a non intervenire, a lasciare che i bambini prendano gli strumenti e li ripongano, che si organizzino dai soli nei giochi e nelle attività.

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  14. Bellissimo articolo. Grazie. Che difficile però non intervenire.
    Cercare di ricordarsi che come dice la Montessori chi crea è il bambino.
    E cercare di ignorare la vocina dentro (o lo sguardo esterno) che ti dice che sei un disastro…
    A presto. e ancora grazie.

  15. Molto, molto bello ciò che hai scritto….ps: se non hai letto ‘Anastasia’ di Megre, (il 3° libro in particolare) te lo consiglio!

    • A parte che la fame nel monod non è il problema di cui parlo nell’articolo, la tua affermazione andrebbe forse un po più circostanziata. Di fatto oggi come oggi l’agricoltura naturale NON pè la causa del fatto che milioni di persone muiono di fame nè di quella che si ammalano per problemi legati all’obesità, nè per la diminuzione drammatica della biodiversitaà, nè dell’inquinamento drammatico del suolo, dell’aria e dell’acqua.

      • certo che non è il tema dell’articolo, ma il paragone è parte fondamentale dell’articolo/pensiero. E potrei dire che anche stare a letto tutto il giorno non è la causa della morte di milioni di persone, ma certo non è un atteggiamento che migliora la loro vita: esattamente come l’agricoltura naturale. Le persone ci sono e vanno sfamate. con l’agricoltura naturale ne sfami 2 ogni 100 ( sprechi e disuguaglianze a parte, ovviamente).

        Sul tema dell’articolo vorrei non entrare, o entri più in dettaglio o non ci sono grosse novità, è sempre stare sul crinale tra messa in sicurezza e libertà di agire e scoprire. Poi c’è il genitore che si fa un baffo di una gamba rotta e quello che ne fa a meno a tutti i costi.
        E poi c’è quello abbastanza fortunato che riesce a crescere i figli senza che si facciano troppo male. Per esempio risparmiandogli la separazione dei genitori, Ecco, tra le tante cose partirei da qui pensando all’educazione dei figli: educhiamo i genitori a volersi bene per tutta la vita, che è già metà dell’educazione di un figlio. E ormai non si può dare per scontato questo aspetto vista la percentuale di divorzi che abbiamo.

  16. Mi piacciono molto le sue parole, faccio parte della categoria “genitori pigri”, quasi mi sentivo in colpa per non essere una “buona” mamma. Dalle mie parti sembra che siano “buone mamme” quelle apprensive. Vivo in campagna e mio figlio di 22 mesi ha imparato a far uscire e rientrare le galline dal pollaio, a dar loro da mangiare e a modo suo cerca di mungere le nostre capre. Ha seminato le piantine dell’orto e questi giochi lo divertono tanto. Non sono mai stata ansiosa quindi lo lascio fare, evitando ovviamente situazioni pericolose.

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