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attività da 6 a 12 anni

Il mercato dell’educazione

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A guardarsi in giro certe volte  sembra che per molti la vita in compagnia di un bambino/a  si riduca a un continuo mercanteggiare .

Per conoscere i segreti di questo mercato basta andare in un parchetto e assistere alle animate trattative tra coloro che ormai sono diventati esperti negoziatori.

Allora si scopre che mezz’ora senza correre in un negozio vale un pacchetto di carte, un quarto d’ora in più al parchetto vale un bagno, “fare la brava” vale un gelato.

Ogni concessione ha il suo prezzo, e viene sfruttata per ottenere qualcos’altro in cambio. Ma alla lunga perdiamo traccia di chi deve fare cosa e perché, e non ci ricordiamo il semplice piacere  di permettere qualcosa a una persona che amiamo, semplicemente perché… gli piace!

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E un giorno, presa nel vorticoso circolo degli scambi, davanti al banco premi di una pesca di beneficenza, una mamma si trova a proporre questa fantasmagorica transazione alla propria figlia di 3 anni:

“Se prendi lo zainetto di Peppa Pig che ti piace tanto ti porto al parco giochi,

se ti ostini a voler prendere la palla, che tanto c’è uguale all’Iper, allora niente parchetto e andiamo a casa!”

Provate a distinguere il premio dalla punizione in questo vortice di perdizione genitoriale…la bambina, c’è da dire, non aveva dubbi: la palla era il premio, anche se per la mamma valeva poco. Ne è seguita lite, pianto (della bambina) e muso (della mamma).

Per che cosa? Tutti diciamo di volere figli autonomi e indipendenti, ma poi gli neghiamo elementari esercizi di questa agognata autonomia. Per un (presunto) vantaggio immediato dimentichiamo che alla lunga è più importante che i nostri figli imparino a trovare dentro di sè la motivazione per fare autonomamente le scelte giuste per la loro vita.

E così non parliamo mai con loro delle ragioni intrinseche per cui agiamo in un modo o nell’altro. Faccio il bagno perché è piacevole e rilassante. Mangio un gelato perché è buono. Sto al parchetto un quarto d’ora in più perché non ho fretta.

In psicologia si chiama “effetto di sovragiustificazione“: quando ci viene offerta ripetutamente una motivazione esterna (un premio) per fare qualcosa, convinciamo noi stessi che lo facciamo per quello e perdiamo la nostra motivazione interiore.

Allora sarebbe utile non utilizzare in continuazione i normali doveri e piaceri della vita quotidiana come moneta di scambio, ma fare ciascuna cosa semplicemente perché va fatta. Se diamo loro il modo di farlo, rispettando i loro tempi, usando un po’ di fantasia e dando loro motivazioni comprensibili, che riguardano loro stessi e le loro emozioni, per i bambini è un piacere collaborare con noi. Gratuitamente.

L’importanza del gioco all’aperto

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Ogni estate collaboro con diversi Centri Estivi, e arriva puntuale il momento della gita. Per chi non lo sapesse le gite classiche da Centro Estivo erano ai Parchi Acquatici o Gardaland. Per fortuna non ci sono più soldi e si comincia a pensare ad alternative gratuite. E allora spuntano fuori le gite nella natura…. perché ebbene sì, ancora non si deve pagare per fare una passeggiata lungo il fiume o in un bosco (tra l’altro già questo lo trovo fondamentale dal punto di vista educativo: non bisogna pagare sempre per qualsiasi cosa!).

Ma spesso queste gite non sono un successo, e la valutazione negativa degli educatori (e dei bambini) è “Non c’era niente da fare”.

Ma come? Non c’era un torrente? Un prato? Un boschetto? E non c’era niente da fare?

torrente

Il fatto è che non sono abituati, né gli educatori né i bimbi, al gioco  spontaneo all’aria aperta, che invece è fondamentale per costruire un rapporto positivo con la natura fin da piccolissimi: grazie alla sperimentazione in prima persona, che suscita emozioni e aiuta a costruire ricordi grazie ai quali la natura semplicemente diventa parte del loro orizzonte, qualcosa di normale e irrinunciabile insieme.

Non è necessario progettare attività particolari perché l’ambiente stimolante di un parco, di un bosco, dei campi o della spiaggia offre tantissimi spunti divertenti e interessanti che i bambini sapranno cogliere naturalmente.

Ad esempio, un gioco spontaneo che fanno molti bambini è quello di costruire rifugi per creature reali o immaginarie: anche un gioco semplice come questo implica attività utilissime per avvicinare i bambini alla natura:

  • la ricerca, che significa osservare attentamente l’ambiente che ci circonda, sia in generale (per capire le aree più interessanti dove concentrare la nostra attenzione) sia in particolare (per scovare materiali piccoli o nascosti);
  • la manipolazione dei vari elementi naturali, che permette di conoscerne le diverse caratteristiche sensoriali e a sperimentare sensazioni nuove, arricchendo il nostro universo di odori, percezioni tattili, suoni, forme e colori;
  • la scoperta della richezza del mondo naturale: frutti, sassi, legni etc. di colori e forme diverse e insolite;
  • la sperimentazione delle caratteristiche degli elementi naturali e dell’ambiente: dove il terreno è più morbido e dove più duro, quali legni si spezzano più facilmente, quali piante hanno le spine etc.

Inoltre si tratta di un gioco che tramite l’empatia e la fantasia coinvolge la sfera affettiva, e così stimola un apprendimento profondo e duraturo.

La prossima domenica in cui non sapete cosa fare e i bimbi scalpitano, quando sarete tentati di andare al centro commerciale o ai gonfiabili, andate invece a fare una passeggiata.

Una domenica pomeriggio al torrente può regalare tantissime occasioni di crescita, libera e divertente. E gratis.

Educazione e basta

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Quando devo fare un esempio di un’attività di educazione ambientale ben riuscita  ripenso spesso a una classe che ho incontrato ormai qualche anno fa a Canzo. Era una classica 1° media, con i ragazzini divisi in gruppetti ben definiti e ciascuno con il proprio ruolo da recitare. C’era il leader carismatico, quello sgamato con i compagni e che si accattiva la prof. perché infondo è molto intelligente. C’era il leader un po’ meno furbo, quello che si è fatto etichettare come bulletto. C’erano due o tre gregari sempre a disposizione dei due leader. C’era la ragazzina allampanata e silenziosa, e il gruppetto delle sberbeccole. Il ragazzino un po’ cicciotto, simpatico ma sempre a disagio.

Li ho incontrati la mattina in stazione e dovevamo fare una passeggiata sul Sentiero Geologico che percorre la Val Ravella nella Foresta dei Corni di Canzo. Dopo le prime soste, in cui ci siamo un po’ conosciuti e ho raccontato qualcosa del luogo dove ci trovavamo, abbiamo cominciato a salire. Erano insofferenti, preoccupati di mantenere i loro soliti ruoli , anche in un contesto ben diverso dalla scuola. Il leader furbetto aveva un atteggiamento un po’ di sfida e un po’ di superiorità. L’altro di disprezzo e menefreghismo.

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Ad un certo punto ho proposto di lasciare il sentiero e salire dal torrente, cercando i passaggi migliori insieme, guadandolo quando necessario. Ho fatto alcune raccomandazioni e mi sono fatta da parte. L’atmosfera è cambiata immediatamente e l’eccitazione dei ragazzi era palpabile. Dopo 5 minuti sul greto di torrente, tra piedi bagnati, animati dibattiti e momenti di intesa concentrazione, gli equilibri del gruppo erano stravolti. O meglio, i ruoli ricoperti da ciascuno avevano acquisito un nuovo senso.

Il leader furbetto è sceso dal piedistallo e ha deciso di usare il suo carisma per aiutare gli altri a  scegliere in che punto passare.  Il leader bulletto si è messo ad organizzare la fila e a spedire i gregari nei punti difficili per aiutare gli altri ad attraversare il torrente. La ragazzina allampanata si muoveva con passo leggero e sicuro sui sassi umidi e scivolosi, conquistandosi subito la stima dei compagni e il compito di andare in avanscoperta. Il ragazzino cicciottello si piantava in mezzo al torrente, solido come una colonna, per dare un’appoggio alle sberbeccole, che lo ringraziavano serie per l’aiuto.

Gli obiettivi dell’educazione ambientale sono gli stessi di ogni percorso educativo: fare crescere persone consapevoli delle proprie risorse e capaci di instaurare relazioni positive con gli altri. Solo che parte dalla constatazione che un essere umano è indissolubilmente legato al mondo che lo circonda e non può svilupparsi al meglio se non interagisce praticamente ed emotivamente con esso.

La complessità di un essere umano è rispecchiata nella complessità del mondo naturale, che è in grado di accogliere ogni persona e risvegliare le sue più intime potenzialità.

Colori a dita e colla naturale

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Sto progettando un nuovo laboratorio ispirato al libro “Federico” di Leo Lionni, la storia del topino che sembra che non faccia niente e invece fa un lavoro importantissimo.

E’ una storia bene scritta e molto semplice che offre moltissimi spunti:  l’importanza dell’arte, della contemplazione, della collaborazione, il tema della stagionalità, della diversità etc.

Il tutto accompagnato da illustrazioni semplici ma di grande effetto.

E’ da un po’ che voglio sperimentare i colori a dita naturali e le atmosfere di questo libro mi sembra si adattino benissimo, per cui ho preparato la base, secondo la ricetta di Equazioni:

  • 3 cucchiai di amido di mais
  • 1 /4 di tazza di acqua fredda
  • 1 tazza di acqua bollente

Si scioglie l’amido di mais nell’acqua fredda e poi una volta stemperato nell’acqua calda si mette sul fuoco mescolando finché non si addensa.

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Per aggiungere il colore però non ho voluto usare i soliti coloranti alimentari, bensì i pigmenti ottenuti da terre e ossidi minerali. Per il verde/grigio ho usato semplice argilla verde.

Credo che se si lavora nel campo dell’educazione ambientale ogni percorso debba favorire il più possibile l’impiego di materiali naturali e  di recupero, anche se non è il tema specifico dell’attività. Per esempio per ritagliare i topini ho usato il cartoncino degli astucci dello yogurt.

Mio cruccio, fin’ora, l’uso della colla in stick e del Vinavil (oltre a essere sintetico ha il difetto che usandolo spesso per le attività con i bambini si finisce per buttare via una quantità pazzesca di piatti, ciotoline, pennelli.etc).

Ma finalmente ho trovato l’alternativa: la base dei colori a dita, senza l’aggiunta dei coloranti, è una colla perfetta!

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Feltro a 26 (piccole) mani

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Ieri per l’ultimo appuntamento della Bottega del Feltro di questa stagione all’Oasi di Galbusera Bianca ho proposto ai bambini di fare un’opera collettiva da lasciare nello Spazio Bimbi dell’Oasi.

Il tema: i colori della primavera, sperando di chiamarla e convincerla a restare con noi a farci un po’ di compagnia!

I colori scelti di bambini sono stati tantissimi, il verde delle foglie e dei prati, il viola e il rosso dei fiori, l’azzurro del cielo, il giallo del sole…

Su una base di colore neutro hanno cominciato a preparare lo sfondo colorato del loro (a)razzo. Ognuno ha lavorato per pochi minuti nella sezione davanti a sé e poi si è spostato nella sezione del vicino, perché fosse un’opera veramente collettiva. Una sola regola: si poteva solo continuare ad aggiungere lana, ma non spostare né togliere quella già messa dal compagno.

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Preparato lo sfondo l’abbiamo bagnato con acqua calda e sapone e, aiutati dal un pezzo di plastiball per non spostare i pezzi di lana cardata, i ragazzi hanno cominciato a infeltrire.

Anche in questo caso ogni pochi minuti si scambiavano il posto, stratagemma che ha funzionato perfettamente per infeltrire in modo uniforme il loro (a)razzo: a seconda della lunghezza delle braccia e della forza ognuno tendeva a lavorare meglio più o meno vicino al bordo, così si sono completati perfettamente.

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Quando l’infeltrimento era ben avviato siamo passati alla fase della rollatura: fondamentale la collaborazione di tutti per arrotolare bene il pezzo, senza pieghe.

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E poi hanno sbattuto per bene la loro opera, per rafforzare il processo di infeltrimento delle fibre e rendere il feltro ancora più resistente. Ovviamente questa parte è stata molto divertente!

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L’opera finita è stata intitolata “Un’esplosione di colori”.

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Alcuni particolari notati dai ragazzi alla fine del lavoro: un occhio che li osservava dal mondo colorato del loro (a)razzo, un ricciolo dorato che al centro dell’opera illumina tutto come un raggio di sole, soffi bianchi di una brezza primaverile che sposta le nuvole e le porta via lontano. Speriamo.

particolarePS questa attività è stata liberamente e umilmente ispirata al bellissimo lavoro proposto da Diana Biscaioli a Feltrosa 2012.

 

Germogli: chia

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La chia (Salvia hispanica) è una pianta del Centro-Sud America  usata ampiamente già dagli Aztechi.

I semi di chia contengono tantissimi principi nutritivi importanti (calcio, potassio, manganese) e ci sono stati consigliati per il loro altissimo contenuto di Omega 3, perfetti quindi per integrare la dieta vegetariana della nostra famiglia.

Possono essere usati come i semi di lino e di sesamo da aggiungere a numerosissimi piatti, sia salati che dolci… ancora non sono molto diffusi in Italia e non è facilissimo trovarli, intanto però abbiamo ricevuto in regalo un pacchetto di semi di chia da germogliare, per cui abbiamo sperimentato.

Sono semi mucillaginosi, per cui vanno trattati in modo diverso dagli altri (per esempio ravanelli e lenticchie): io li ho lasciati a bagno per 10 minuti fino a che hanno sviluppato il gel tipico dei semi mucillaginosi (altrimenti conosciuto come effetto uova di rana).

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Poi li ho spostati delicatamente con il dorso di un cucchiaio in un altro piatto per non lasciarli nell’acqua in eccesso.

Li ho bagnati 2 volte al giorno con lo spruzzino in modo più uniforme possibile.

Una sera mi sono dimenticata e il gel si è seccato tutto, ma nonostante tutto il giorno dopo li ho bagnati ancora e il 3* giorno sono spuntati i germogli!

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Al 5* giorno erano pronti! Non sono germogliati tutti, probabilmente quando non li ho bagnati qualche seme non ha resistito.

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Li abbiamo mangiati spolverati sopra una crema di lenticchie, come sapore sono molto delicati.

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Quando fuori nevica

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Ecco il momento giusto per una ricetta speciale: “La Palla di Babbalù” (ENPA).

Per gli uccellini selvatici quando la neve ricopre il terreno diventa difficile trovare da mangiare e noi possiamo aiutarli preparando un pappa perfetta per queste giornate fredde.

Così anche i nostri cuccioli hanno un progetto a cui lavorare mentre fuori nevica.

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La ricetta originale prevede 100 gr di margarina, 70 di farina, semi vari e frutta secca varia.

Io ho fatto ad occhio, ma con i bambini mi prenderei il tempo di pesare ogni singolo ingrediente e travasarlo in singoli contenitori per poi mescolare tutto insieme.

Ho usato un mix di musli, semi di lino, sesamo, girasole e farina di farro, cioè quello che avevo in dispensa.

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Anche i più piccoli possono lavorare con le mani la margarina per ammorbidirla e unirla man mano al mix di semi, frutta e cereali.dopo1

Io ho avvolto la mia pallina in una retina, l’ho chiusa con un filo di lana e l’ho appesa fuori.

appeso1Abbiate cura di appendere il cibo in un punto tranquillo, dove non ci sia particolare passaggio e che non sia accessibile agli animali domestici. Abbiate pazienza, non è detto che gli uccellini arrivino subito.

Una volta che cominciano ad arrivare ricordatevi di non lasciarli all’improvviso senza una fonte di cibo su cui hanno imparato a contare!

Da noi sono arrivati passerotti, pettirossi, cinciarelle, cinciallegre e cardellini. Munitevi di cannocchiale e occhi aperti!

Ed ecco alcuni visitatori che sono arrivati alle nostre mangiatoie:

Cardellino (Carduelis carduelis), noto per il bel canto.

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Cinciarella (Parus caeruleus).

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La casa di qualcun altro

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Per tanti, per troppi, farsi rispettare è dire “No!”. E rispettare è stare a distanza, non toccare, non parlare, non intervenire.

Anche nell’educazione ambientale “rispettare la natura” è uno slogan che accompagna troppo spesso solo un elenco di divieti: “non raccogliere i fiori”, “non buttare i rifiuti”, “non calpestare il prato”.

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Invece per me  il rispetto nasce da ascolto, comprensione e accoglienza.

Per educare i bambini al rispetto del mondo naturale è fondamentale proporre loro un’attività che coinvolga anche la sfera emotiva, perché non c’è rispetto senza compartecipazione affettiva.

Si può iniziare  un percorso di educazione al rispetto dal bisogno di avere una casa, comune, in un modo o nell’altro, a tutti gli esseri viventi. Un posto sicuro, dove rifugiarsi, tenere ciò di cui si ha bisogno per sopravvivere, dormire e riprodursi. Un luogo dove possiamo essere noi stessi, che ci accoglie e che ci comprende. La casa come riparo, ma anche come luogo degli affetti.

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Si può proporre ai bambini di costruire delle casette per offrire un rifugio alle creature del bosco (vere o immaginarie che siano) con i materiali che si trovano esplorando tra le radici degli alberi.

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Non servono istruzioni da seguire o competenze particolari, anche bambini di 3 anni saranno in grado di creare comode tane o sontuosi palazzi, con letti di foglie, porte di sassi (magari complete di campanello), tetti d’erba e pavimenti di muschio.

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É un gioco che stimola la fantasia e l’empatia, ma anche la conoscenza. Senza dire una parola permetteremo ai bambini di imparare da soli che…

…alcuni legnetti sono dritti altri sono storti e bitorzoluti

…il muschio e l’erba sono soffici e morbidi

…le foglie cadute dagli alberi sono secche e fragili

…gli alberi più grandi talvolta hanno tante radici nodose e contorte

…ogni tipo di albero ha una corteccia diversa

…il profumo degli aghi di pino è diverso da quello della terra

…e tantissime altre proprietà degli elementi naturali.

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Impareranno che ogni elemento è prezioso perché può rappresentare per un’altra persona (umana o meno)  qualcosa di importante. Che tutti i luoghi in cui noi siamo ospiti, sono la casa di qualcun altro.

Cominceranno ad imparare che tutti hanno dei bisogni come noi, eppure in modo diverso da noi, e ad accoglierli lo stesso, provando per loro rispetto.

 

Questo post partecipa al Blogstorming

Tema del mese: Rispetto

Germogli: ravanelli e lenticchie

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Fare l’orto con i bambini è una bellissima attività: si imparano a riconoscere le verdure, si segue lo sviluppo delle piante, si comprende la diversità delle diverse specie e l’importanza della stagionalità… e tantissime altre cose.

Però non sempre è possibile e recentemente ho scoperto una fantastica alternativa: la possibilità di produrre in casa i germogli da mangiare (grazie a Rosa!).

Non solo è semplicissimo e ma ci vogliono pochissimi giorni per avere i germogli pronti ed è quindi un’attività adatta anche ai bimbi più piccoli.

Avendoli fatti crescere loro dovrebbero essere più portati ad assaggiarli e così si può aggiungere alla loro dieta un elemento ricchissimo di elementi nutritivi preziosi.

vari semi

Quali semi e dove prenderli

Si trovano nei negozi bio bustine di sementi alimentari: è meglio non usare quelli da piantare perché possono essere stati trattati con prodotti nocivi.

Per legumi (lenticchie, ceci etc.), granaglie (grano, miglio etc.), spezie (senape, finocchio, aneto, coriandolo etc.) e semi (sesamo, lino etc.) si possono usare quelli da usare in cucina.

Ovviamente se avete un giardino potete raccogliere i vostri semi!

Meglio evitare le solanacee (patata, peperone, melanzana, pomodoro) che quando germogliano sviluppano sostanze tossiche.

Dove farli germogliare

Esistono germogliatori fatti apposta o si possono creare in casa, io ho optato per il “sistema dei vasetti“: ho scelto alcuni vasetti piuttosto grandi (attenzione che il volume dei germogli aumenta notevolmente man mano crescono!) e li ho chiusi con una garzina fermata da un elastico.

lenticchie e ravanelli

Come farli germogliare

La maggior parte dei semi devono essere tenuti a bagno per 12 ore circa, al buio. Poi bisogna sciacquarli bene e mettere il vasetto capovolto in un contenitore. In questo modo l’acqua non ristagna e grazie anche ai frequenti risciacqui (circa 3 al giorno) i semi rimangono idratati senza che si formino muffe.

Io li ho tenuti sul davanzale vicino al lavandino delle cucina, in modo da averli sottomano e ricordarmi di sciacquarli.

(Crescione, chia e altri semi mucillaginosi vanno fatti germogliare diversamente: sarà il mio prossimo esperimento!)

ravanelli

Come consumarli

I germogli di legumi sono pronti quando emettono la radichetta, mentre quelli di ravanello e la maggior parte degli altri quando spuntano le prime 2 foglioline.

I legumi è meglio consumarli saltati in padella o cotti al vapore per pochi minuti in modo che siano più digeribili, mentre i ravanelli sono ottimi crudi!

lenticchie

A ciascuno il suo… mostro

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Ognuno ha i propri mostri, l’importante è farseli amici. Ecco come.

Occorrente

Cartoni delle uova, pennarelli, pinzatrice, forbici.

Istruzioni

Ritagliare i cartoni delle uova, accoppiare i pezzi in modo che dietro si sovrappongano un pochino e pinzateli (prima controllate che stiano in piedi).

Disegnare con un pennarellino sottile solo alcuni tratti esagerando con le dimensioni.

Colorare con pennarelli.

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mostri in città

Ispirato a “Dov’è il mio mostro?” (Edizioni Usborne).